Ricordo che quando ero piccola, tanto tanto tempo fa, uno dei momenti più belli della giornata era la sera, quando mio papà mi raccontava le favole prima di mettermi a letto. Le sue erano favole che arrivavano da lontano, che affondavano le radici nelle tradizioni popolari Italiane e che lui aveva sentito da sua mamma la quale le aveva a sua volta sentite dalla madre, e così via, indietro nel tempo, in una linea ininterrotta fino a chissà quando.
Da adulta, diventata mamma, ho ricercato le sue fiabe per poterle raccontare alle mie bambine e le ho trovate nelle raccolte di Basile, di Gherardo Nerucci, di Carlo Gozzi o di Italo Calvino e, con pazienza, le ho trascritte in una lingua più semplice per poterle leggere alle bambine prima di andare a dormire.
Una delle mie fiabe preferite è quella del Gatto Mammone, che ho ritrovato nella raccolta “Sessanta Novelle Popolari Montalesi” di Gerardo Nerucci.
Ecco qui la mia trascrizione:
C’era una volta una contadina che aveva una figlia ed una figliastra, la figliastra, di nome Caterina, era molto bella mentre la figlia era davvero brutta.
Madre e figlia erano invidiose di Caterina perché, oltre alla sua bellezza, era anche molto buona e gentile, le facevano dispetti continui e cercavano in tutti i modi che a lei accadesse qualche malanno che la facesse diventare più brutta.
Caterina sopportava con pazienza le persecuzioni di quelle arpie, e invece di diventare brutta per gli strapazzi, sembrava diventare ogni giorno più bella.
Una mattina, la Contadina disse alla figlia brutta: – “Sai cosa ho pensato? Mandiamo Caterina a prendere il setaccio dalle Fate, che sono dispettose e gli graffieranno il viso; e così lei diventerà brutta e nessuno la guarderà più” – “Sì, sì!” – esclamò la Brutta, gongolando di gioia maligna. – “Le Fate sono cattive e loro la conceranno per le feste” – Subito la contadina chiamò Caterina: – “Forza, c’è da fare il pane stamattina, e a noi manca il setaccio. Svelta! Vai dalle Fate nel bosco e chiedi loro il setaccio in prestito. Sbrigati!”
–A questo comando Caterina sbiancò per la paura, perché lei aveva sentito dire che le Fate facevano brutti dispetti a chi andava a trovarle. Pianse e supplicò quindi la matrigna che non la mandasse, ma tutto fu inutile, perché la contadina e la Brutta la trattarono male e la minacciarono di picchiarla; così Caterina, pensando che le fate non gli avrebbero potuto far peggio, ubbidì e piangendo s’avviò in verso il bosco dove stavano le Fate.
Quando giunse al limite del bosco gli venne incontro un Vecchietto, che, vedendola in lacrime, le disse: – “Che avete, bella fanciulla, che sembrate così afflitta?” – Caterina gli raccontò allora tutti i suoi mali, e che in casa la odiavano a morte, e che la mandavano a chiedere il setaccio alle Fate, perché loro le facessero del male.
Disse il Vecchietto: – “Non abbiate paura di nulla; c’è un rimedio. Io vi insegnerò come dovete fare, se seguirete i miei consigli non ve ne pentirete. Ma prima, per favore, guardate qui: cosa ho io in testa, che mi sento tanto prudere?” – Il Vecchietto chinò giù la testa, e Caterina dopo che l’ebbe guardata bene, esclamò: – “Io vedo soltanto perle e oro.” –Allegro il Vecchietto rispose: – “E perle e oro toccheranno anche a voi. Ma statemi a sentire e fate come vi dico: Quando sarete sulla porta di casa delle Fate, bussate con garbo e se loro diranno: – Infila un dito nel buco della chiave, – voi infilateci un rametto, che loro ve lo taglieranno subito. Aperta la porta, le Fate vi condurranno subito in una stanza piena di gatti: chi cucinerà, chi filerà, chi farà la calza, e, insomma, ognuno occupato al suo lavoro. Voi aiutateli senza che vi venga richiesto. Poi andrete in cucina; e anche lì ci saranno dei gatti intenti alle loro faccende: aiutateli come avrete aiutato gli altri.
Dopo sentirete chiamare il gatto Mammone, e tutti i gatti gli racconteranno quel che voi avrete fatto per loro. Il Mammone allora vi domanderà: – Cosa desideri per colazione? Pane nero e cipolle o pane bianco e formaggio? – E voi rispondete: – Pane nero e cipolle. – Ma loro vi daranno pane bianco e formaggio. Poi il Mammone v’ inviterà a salire su per una scala meravigliosa tutta di cristallo. Fate attenzione a non romperla. Al piano di sopra scegliete sempre le cose peggiori fra quelle che vi vorranno regalare le Fate.” –
Caterina promise al Vecchietto di ubbidirlo in tutto, e poi lo ringraziò per la sua bontà, gli disse addio e s’avviò più serena verso la casa delle Fate; e lì, dopo aver picchiato all’uscio, si comportò secondo i consigli ricevuti così gli fu aperto e subito lei domandò il setaccio alle Fate. Le fate le risposero: – “Aspetta; ora te lo portiamo. Intanto entra qui” –
E la condussero in una stanza piena di gatti, che lavoravano tantissimo. – “Poveri micini!” – esclamò. – “Con queste zampine che fatica dovete fare! Date qua, lo farò io per voi!” – e preso il lavoro dei gatti in quattro e quattr’otto lo finì. Poi in cucina rigovernò, spazzò e rimise in ordine tutti gli attrezzi. Chiamarono allora il Mammone e i gatti miagolando gli dicevano: – “A me ha cucito.” – “A me ha fatto la calza.” – “A me ha rigovernato.” – e così raccontarono tutti dell’aiuto ricevuto da Caterina.
Il gatto Mammone, quando ebbe sentito le opere di Caterina, le disse: – “Che vuoi per colazione? Pane nero e cipolle, oppure, pane bianco con del formaggio?” – “Oh! datemi pane nero e cipolle,” – rispose Caterina. – “Non sono abituata a mangiare altro.” – Ma il gatto Mammone le diede pane bianco e formaggio.
Dopo, il Mammone invitò Caterina a salire al piano di sopra e la condusse alla scala di cristallo, Caterina si levò gli zoccoli e salì scalza con tale attenzione che non rovinò nulla e non fece neanche un graffio. Quando fu dentro al salotto gli offrirono dei vestiti belli e dei vestiti brutti, dell’oro e dell’ottone e lei scelse i vestiti brutti e l’ottone. Ma il Mammone invece diede ordine alle Fate di darle i vestiti belli e i gioielli d’oro di maggior valore e dopo, quando fu vestita in modo da sembrare una regina, il Mammone le disse: – “tieni il setaccio che hai chiesto e quando sarai uscita fai attenzione: se senti ragliar un asino, non ti voltare; ma se canta il gallo, voltati pure.” –Caterina ubbidì, e al raglio dell’asino lei non si voltò; ma si girò al chicchirichì del gallo e subito gli venne una stella brillante sulla fronte.
Quando Caterina arrivò a casa, la mamma e la sorella Brutta, vedendo gli abiti, i gioielli e la stella brillante, furono molto invidiose. Disse allora la sorella Brutta: – “Voglio andare anche io dalle Fate. Mamma, mandate me a riportargli il setaccio.” – Così, quando il setaccio fu adoperato, la Brutta se lo mise sotto il braccio e si avviò verso il bosco delle Fate, e anche lei incontrò il Vecchietto, che gli domandò: – “Ragazzina, dove vai così di fretta?” – “Vecchio ignorante!” – gli rispose con superbia la Brutta: – “Io vado dove mi pare. Impiccione, fatevi i fatti vostri!” – “Brutta e scontrosa!” – Esclamò il Vecchietto ridendo sotto i baffi. – “Vai dove ti pare, domani te ne pentirai!” –
Quando la Brutta arrivò alla porta delle Fate, iniziò a bussare con forza come se volesse scassinare la porta. Sentendo quel fracasso le Fate dissero: – “Metti un dito nel buco della serratura e apri.” – La Brutta subito ficcò il dito nel buco; e quelle glielo tagliarono di netto. L’uscio allora si spalancò e la Brutta rabbiosa e inviperita entrò in casa, e, scaraventato il setaccio per terra, disse: – “Eccovi il vostro setaccio, maledette!” – E poi visti i gatti al lavoro, urlò: – “Brutti gattacci! – E iniziò a maltrattarli. Ne venne fuori una confusione, tremenda. I gatti scappavano di qua e di là miagolando; e richiamato da quel chiasso arrivò il gatto Mammone, e i gatti fra gli strilli raccontarono come erano stati trattati dalla Brutta. Allora il Mammone chiese: – “Ragazzina, voi dovete aver fame. Volete voi pane nero e cipolle, oppure, pane bianco con del formaggio?” – E la Brutta: – “Guarda che maleducazione! Se voi veniste a casa mia, non vi darei mica pane nero e cipolle, e neanche vi taglierei le dita nel buco della chiave! Io voglio pane bianco e del buon formaggio!” – Ma si dovette accontentare del pane nero con le cipolle, perché non gli portarono altro. Allora il gatto Mammone disse: – “Coraggio ragazzina, regaleremo anche a voi un vestito e tutto il resto. Salite su, ma fate attenzione alla scala, che è di cristallo.” – La Brutta però non fece attenzione e salì la scala con gli zoccoli ai piedi, così la rovinò da cima a fondo; e arrivata in salotto, quando le Fate gli domandarono: – “Cosa preferite, un vestito di broccato e degli orecchini d’oro, oppure, un vestito di cotone e degli orecchini d’ottone?” – Lei si attaccò subito alle cose più belle ma fu costretta a prendere le più brutte perché non gliene diedero altre.
Tutta indispettita la Brutta fece per andarsene ma sulla porta il gatto Mammone le disse: – “Ragazzina, se canta il gallo, andate avanti, ma se raglia l’asino voltatevi indietro, che vedrete una bella cosa.” – Così, quando l’asino ragliò la Brutta si girò per vedere quale fosse la cosa bella e una folta coda di asino le venne fuori dalla fronte. Disperata si mise a correre verso casa piangendo.
Intanto Caterina, sempre più bella, fu vista dal figlio del Re che ne innamorò così tanto da obbligare il Re suo padre a concedergli di prenderla in moglie. Le nozze vennero stabilite, e la madre e la Brutta non ebbero il coraggio di opporsi alla volontà reale; ma decisero di aspettare il momento per ingannarlo!
Sentite quel che fecero queste due sciagurate: – Il giorno del matrimonio calarono Caterina in un tino che stava giù in cantina e con i suoi vestiti e le sue gioie la Brutta si vestì da sposa, la mamma le rasò la coda d’asino che aveva sulla fronte e poi le coprì il viso con un velo così, quando il figlio del Re arrivò col corteo a prendere Caterina, la mamma gli disse: – “Eccovela qui pronta per la cerimonia” – e gli presentò la Brutta. Il figlio del Re stava lì per porgere la mano alla brutta, credendo che fosse proprio Caterina; ma tutt’ a un tratto gli sembrò di sentire dei rumori e dei lamenti provenire da sotto. Incuriosito ordinò a tutti di fare silenzio per sentire di cosa si trattava e si accorse che qualcuno cantava con voce lamentosa: – «Maumaurino! La Bella è nel tino, la Brutta è in carrozza e il Re se la porta!» –
Il figlio del Re allora s’insospettì, e chiese che la sposa si togliesse il velo per vederla in viso, e subito scoprì l’inganno. Andò su tutte le furie e, cercata Caterina la fece uscire fuori dal tino, e decise che ci chiudessero dentro la mamma e la Brutta legate insieme.
Il figlio del Re poi sposò la bella Caterina, la portò al suo palazzo, dove vissero allegri e contenti per molti anni.
Stretta la foglia, larga la via, Dite la vostra che io ho detto la mia.